In un percorso di coaching, la svolta più potente e trasformativa è l’allineamento: in cui visione, identità e comportamenti iniziano a muoversi nella stessa direzione. È qui che accade il vero cambiamento, non come sforzo isolato, ma come evoluzione coerente.

 

1. La visione dà senso e direzione al percorso

Nel coaching, la visione non è solo un obiettivo da raggiungere: è una rappresentazione di chi vuoi diventare, di come vuoi vivere, agire, contribuire. È un’immagine ispirata e ispirante del tuo futuro possibile.

Tuttavia, anche la visione più nitida resta un ideale astratto se non è sostenuta da:

  • un’identità capace di racchiuderla,
  • comportamenti che la esprimano nella quotidianità.

Ecco perché lavorare solo sugli obiettivi, senza esplorare chi li desidera e perché, spesso non porta a cambiamenti duraturi.

 

2. L’identità potenziante: “Chi sono mentre cammino verso ciò che voglio?”

Il coaching lavora profondamente sull’identità: non come etichetta statica, ma come spazio narrativo in cui il coachee può ridefinirsi. Spesso il blocco non è nella mancanza di strumenti, ma in un’identità che non si sente all’altezza del cambiamento.

Domande come:

  • “Chi devi diventare per realizzare ciò che desideri?”
  • “Quali convinzioni su di te è necessario lasciare andare?”.

Una identità potenziante non è finta o forzata: è una versione autentica di sé che viene liberata da paure, condizionamenti e limiti appresi.

 

3. I comportamenti come espressione quotidiana dell’identità

Ogni visione si realizza attraverso azioni quotidiane, ma non qualsiasi azione: solo quelle coerenti con l’identità che si sta scegliendo. È qui che il coaching agisce con più forza: aiutando il coachee a osservare i propri comportamenti non in chiave morale (giusto/sbagliato), ma in chiave sistemica:

“Questa azione è allineata con la persona che voglio essere e con la direzione che ho scelto?”

Quando un comportamento è disallineato, spesso non è “sbagliato” in sé, ma deriva da un’identità ancora ancorata a uno schema passato. E può portare a forme di auto sabotaggio: rinunce, procrastinazione, blocchi emotivi o razionalizzazioni.

 

Senza una visione chiara, l’identità e i comportamenti si scollegano.

Il coaching serve anche a rimettere ordine interno: a dare direzione a una parte identitaria confusa o in transizione. Senza visione, infatti:

  • i comportamenti diventano reattivi e frammentati,
  • l’identità si irrigidisce o si perde,
  • la motivazione vacilla.

Una visione chiara, anche se ancora da raffinare, permette al coachee di dare significato al lavoro su di sé, e di attraversare anche fasi di incertezza con maggiore centratura.

In sintesi: il coaching è un processo di riallineamento.
Il coach non “aggiusta” comportamenti né impone visioni. Il suo compito è creare lo spazio perché il coachee:
• scopra o chiarisca la propria visione,
• aggiorni la propria identità in modo coerente con essa,
• traduca il tutto in comportamenti concreti e sostenibili.

 

Quando questi tre livelli, visione, identità, comportamenti, si allineano, il cambiamento non è più uno sforzo da sostenere, ma una conseguenza naturale di chi si sta diventando.