Il coaching si lega molto bene alle fiabe, perché attraverso le metafore possiamo rispecchiarci, dare forma a ciò che proviamo, e riconoscere che il percorso che stiamo affrontando non è diverso da quello degli eroi e delle eroine delle storie. Il coaching è un viaggio per scoprire chi siamo davvero.
Per esempio, la favola semplice e potente del Mago di Oz, dove Dorothy, una ragazza che vive in Kansas, a causa di un tornado viene trascinata in un mondo sconosciuto. Confusa e spaventata, desidera soltanto una cosa: tornare a casa. Le dicono che solo il grande Mago di Oz può aiutarla, e così inizia il suo cammino lungo la famosa strada di mattoni gialli verso la città di smeraldo, capitale del regno di Oz.
Nel viaggio, non è sola, incontra tre compagni speciali: lo Spaventapasseri, convinto di non avere cervello; l’Uomo di Latta, che crede di non avere cuore; e il Leone, sicuro di non avere coraggio. Tutti si uniscono a Dorothy con la speranza che il Mago possa donare loro ciò che sentono di non avere.
È interessante notare una cosa: questi personaggi, durante il viaggio, mettono continuamente in pratica proprio quelle qualità che pensano di non possedere. Lo Spaventapasseri trova soluzioni ingegnose, l’Uomo di Latta mostra sensibilità e compassione, il Leone affronta sfide che richiedono coraggio. Ma nessuno di loro riesce a riconoscerlo fino alla fine, quando il Mago li svela a se stessi.
In questo racconto, il viaggio di Dorothy è molto simile a quello che accade in una sessione di coaching!
Molte persone iniziano un percorso di coaching convinte di non avere abbastanza risorse dentro si sè: “Non sono abbastanza sicuro di me”, “Mi manca la chiarezza”, “Non riesco a prendere decisioni”, “Non ho coraggio di fare quel passo”.
Nella realtà, il coach non è il “Mago” che regala cervello, cuore o coraggio. Il coach non ha risposte pronte, non dà consigli o indicazioni. Il suo ruolo è quello di compagno di viaggio: ti cammina accanto, pone domande che inducono riflessione per illuminare zone d’ombra, e per far emergere prospettive nuove. Ti supporta e ti sfida a riconoscere ciò che già esiste dentro di te, anche se non lo stai vedendo.
Il coaching non è un processo che aggiunge qualcosa dall’esterno, ma un cammino che ti riporta dentro. È come dire a Dorothy: “Tu hai sempre avuto la strada di casa dentro di te, solo che non te ne eri accorta.”
Durante le sessioni di coaching accade la “magia”: la persona si rende conto che ciò che pensava di non avere lo ha sempre posseduto, solo che era sepolto sotto paure, convinzioni limitanti o vecchie abitudini. Questo è quel momento di pura meraviglia.
Il viaggio, come nella fiaba, non è mai lineare. Ci sono ostacoli, momenti di incertezza, deviazioni, persino cadute, ed è proprio lì che si impara. La crescita non sta nell’arrivare a destinazione, ma nel processo stesso, in quello che si riscopre di sè mentre cammini. È il risultato finale che si ottiene per raggiungere la propria destinazione, il proprio obiettivo.
Alla fine, il Mago di Oz non dona nulla di nuovo. Aiuta semplicemente i protagonisti a vedere quello che già c’era dentro di loro. E il coaching fa lo stesso: ti restituisce a te stesso.
Forse è per questo che amo tanto questa fiaba e il suo collegamento con il coaching. Perché ricorda una verità che spesso si dimentica: siamo molto più ricchi, capaci e completi di quanto crediamo.
Allora ti lascio con una domanda che potresti portare con te, come se stessi muovendo i tuoi passi sulla strada di mattoni gialli:
Quale parte di te hai bisogno di ritrovare oggi?
