ll filo rosso che unisce l’anno  lasciato alle spalle con quello intrapreso è il cambiamento, e coinvolge sia la sfera personale, privata che quella professionale di ognuno di noi.

Il cambiamento è parte integrante della vita nella sua interezza. E’ il ciclo naturale delle cose e di ogni essere vivente, tutto è in trasformazione, nulla è statico. Non accettare questo significa rimanere in una situazione di stallo, e non essere allineati con ciò che ci circonda.

Succede a volte che non siamo “coscienti” del cambiamento che sta avvenendo nella nostra vita, sia dentro che fuori di noi, lo subiamo, e quando raggiungiamo la consapevolezza, l’evoluzione è già avvenuta.

Accettare e gestire il cambiamento non è facile: richiede volontà, impegno, energia per affrontare e superare le nostre credenze limitanti. Abbiamo due strade che possiamo percorrere:

la prima strada è rimanere nella costante e “rassicurante” quotidianità. Lasciarsi scivolare giorno dopo giorno nella confidata routine, nell’impasse della nostra zona di confort, permettendo alle nostre voci interiori di ostacolare l’evoluzione. Tre sono le credenze che impediscono il processo del cambiamento, e sono: la voce giudicante, la voce della paura, paura di non essere all’altezza del nuovo ruolo, paura di perdere ciò che abbiamo e chi siamo, e per ultima la voce del cinismo.

Oppure, la seconda strada è credere ciecamente che il cambiamento è parte del processo evolutivo, e non tenerne conto significa stare alla finestra a guardare, non essere parte attiva della propria vita, sia professionale che privata. Occore un credito di fiducia a priori verso sè stessi ed il collettivo, dobbiamo osare, cercare nuovi percorsi che ci attraggono, certi che ci condurranno verso la crescita e quindi alla trasformazione imprescindibile.

Dobbiamo fare lo sforzo di affrontare le nostre paure, che come detto non corrispondono a reali e concreti pericoli esterni a noi stessi, ma sono timori che albergano solo dentro di noi.

Otto Scharmer, docente al MIT di Boston (Massachusetts Institute of Technology) nonchè autore di diversi libri, ha condotto differenti studi sulla gestione del cambiamento. Suo è il libro “Teoria U”, dove sapientemente e con autorevolezza parla del cambiamento del singolo e della organizzazione in cui è inserito. Quel cambiamento che come un viaggio, parte dalla persona, la mantiene al centro e ritorna alla persona stessa.

E’ come un processo di analisi che scende nel profondo dell’individuo, che lui chiama “punto cieco”, lasciando andare abitudini, pregiudizi, credenze limitanti, per poi risalire verso un futuro differente da quello passato.

E’ un percorso basato sul concetto che Scharmer chiama “presencing”, neologismo che unisce due parole “presenza” (presence) e “sentire” (sensing), e che passa da un “ego-sistema”, incentrato solo sul benessere egoistico, ad un “eco-sistema”, dove il benessere è esteso a tutti, agli stakeholders. Il cambiamento parte dall’individuo per estendersi al gruppo.

Secondo Scharmer essere in grado di agevolare questo tipo di cambiamento è l’essenza di uno stile di leadership innovativa.

Conosciamo l’agire, le scelte strategiche di un leader, il “fuori”, ma non sappiamo nulla del luogo “interiore” in cui tutto ciò ha origine. E’ un concetto che a molti può apparire un pò “new age”, ma proviamo a traslarlo nel modo sportivo. Si parla della forma mentis di un atleta: ciò che avviene nella sua mente durante la preparazione prima di una gara.

Studi hanno dimostrato che la giusta predisposizione mentale porta l’atleta a migliorare le sue performances, del singolo e poi dell’intera squadra. Il concetto è: ciò che è dentro è fuori.

Trasferire questo processo nel management, trovare il punto chiamato da Scharmer, “il punto cieco” da cui ha origine ogni nostro pensiero, ogni azione, il punto interiore dal quale si agisce. Per essere un leader efficace ed efficiente occorre capire lo spazio interiore da cui operiamo.

Il processo ad “U” come detto, può essere associato ad un viaggio, che per intraprenderlo occorre forte e decisa volontà ed energia. Si parte da dentro di noi, con una intima connessione con sè stessi, un percorso interiore.

La teoria di Scharmer si basa su sette essenziali capacità, che il singolo deve possedere, senza le quali il processo ad “U” è inefficiente, e sono:

1) Ascoltare parliamo di un ascolto verso sè stessi e verso gli altri. Per ciò che siamo chiamati a fare (progetto, obiettivi, strategia, ecc.), e quello che emerge dal collettivo. Tutte le figure strettamente collegate al nostro operare e coinvolte nella mission di ruolo. Scharmer, durante i suoi studi, ha osservato che nelle organizzazioni esistono quattro tipologie di ascolto che possono essere attuate.

Ascolto del riprendere: al termine della conversazione c’è una riconferma di quello che già si sapeva prima di iniziare l’interazione.

Ascolto fattivo: lasciamo che siano i dati a parlare. Abbiamo acquisizione di informazioni nuove, differenti da quelle già in nostro possesso.

Ascolto empatico: occorre un cuore aperto , per poter vedere la situazione con gli occhi dell’altro.

Ascolto generativo: occorre non solo il cuore aperto ma anche una volontà aperta. Al termine della conversazione ci rendiamo conto che non siamo più la stessa persona di quando abbiamo iniziato. Abbiamo vissuto un sottile ma profondo cambiamento, che ci ha collegati  al nostro sè migliore.

Le altre competenze necessarie sono:

 

2) Osservare con la mente aperta, sospendendo il giudizio o eventuali pregiudizi fondati su esperienze passate. Si tratta di sospendere le nostre convinzioni interne e aprire un nuovo spazio di interazione e costruzione del nuovo.

3) Sentire ossia connettersi al proprio cuore. Aprire la mente per percepire la realtà con occhi nuovi. Aprire il cuore per vedere la situazione nel suo insieme. Aprire la volontà per agire facendo emergere un nuovo insieme.

4) “Presencing” connettersi con la fonte più profonda di sè e della nostra volontà. Lasciar andare ciò che conosciamo, i pensieri che seguono la logica sequenziale, per lasciar entrare il futuro.

5) Cristallizzare significa dare spazio al potere della volontà del singolo individuo e del suo collettivo. Quando una squadra è focalizzata su i risultati di un progetto, la potenza del loro insieme di interazione genera un’energia che attrae le persone e le opportunità che fanno accadere le cose.

6) Prototipare ossia integrare testa, cuore e mani. Scendere lungo il lato sinistro della “U” richiede un atteggiamento e mente aperti per affrontare resistenze di pensiero, credenze limitanti. E’ necessaria la nostra totale volontà ed aprire le emozioni.

Risalire lungo il lato destro della “U” richiede integrazione di pensiero, sentimento e volontà nel contesto di apprendere facendo.

Otto Scharmer ci fa riflettere che spesso guardiamo al passato per affrontare il presente, ma non sempre riflettere sulle esperienze vissute ci è d’aiuto, a volte può essere un ostacolo che ci impedisce di guardare il contesto con occhi nuovi.

 

Qui di seguito il link che porta all’articolo da  me scritto e pubblicato su “Learning News”, la rivista digitale di AIF.