Sappiamo che il viaggio di un consumatore ha inizio nel digitale. Le statistiche affermano che il tempo a disposizione di un marchio per catturare l’attenzione sul proprio sito web varia dai sei agli otto secondi. Basta davvero un momento, quel “secondo” per fare una buona prima impressione e quella formata nell’arena digitale è determinante.

Se la percezione del cliente in questi primi secondi è negativa, occorrerà un enorme impegno per correggerla e potremmo non convincere mai ad acquistare da noi. Quindi non lasciamo la prima impressione al caso.

Volendo citare Oscar Wilde: “Non c’è mai una seconda occasione per fare una prima buona impressione“.

Se il messaggio non colpisce subito la nostra attenzione, non saremo motivati a dedicare risorse e energie ad approfondire la conoscenza. Occorre dire che la prima impressione, anche quella che si forma nel digitale, non è mai completamente oggettiva. Spesso è condizionata da esperienze pregresse, stati d’animo, ricordi, schemi mentali, aspettative. Siamo veloci nel dare giudizi ma lenti nel modificarli.

Frequentemente nel prendere decisioni ci affidiamo alla prima impressione, alla sensazione avuta, sono giudizi veloci creati sulla base di segnali superficiali. C’è chi afferma che la prima impressione è quella che conta, chi che la verità si palesa col tempo. Basarsi totalmente sulla prima impressione vuol dire fidarsi di un pregiudizio che ci impedisce di acquisire altri elementi di conoscenza, dato che il nostro giudizio può essere influenzato dallo stato d’animo e dalle proiezioni psichiche inconsce.

A volte troviamo incoerenza tra la narrazione di un marchio e i messaggi inviati sui social, i siti web e i negozi fisici, tutto ciò ha un impatto dannoso sulla chiarezza e autenticità del marchio. La storia e il messaggio di un brand deve risultare subito coerente sin dalla prima impressione, considerata l’importanza e l’influenza che ognuno le attribuisce.